di Piero Giuseppe Goletto

Fino alla fine degli anni 60 le vetture di F1 correvano coi colori nazionali: le vetture italiane erano rosse; quelle francesi erano azzurre; le vetture inglesi verdi; le vetture tedesche grigio argento. Dal 1968 – 1969 la FIA ritira il proprio contributo economico. Nel frattempo verso la F1 cresceva l’interesse del pubblico.

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di Alessandro Claudio Giordano

Negli ultimi trent’anni il football ha cambiato matrice, mutato abitudini, introdotto un modo diverso di seguire la propria squadra.

Il mondo pallonaro ha mutuato dalla quotidianità l’utilizzo dei socials al punto che una notizia più o meno importante arriva prima al tifoso con un tweet piuttosto che dal corsivo di un giornalista. Di certo definito un perimetro è difficile muoversi ponendo a confronto tecnici di periodi differenti. Resta il fatto che i valori assoluti assolti su cui si pone il confronto (società, giocatori ed obiettivi) sia una buona soluzione per il confronto.  Così ad esempio i tecnici degli anni sessanta, settanta e ottanta a volte sono gli antesignani di quelli di oggi.  Brian Clough è stato per certi aspetti un precursore di un calcio giocato senza reticenze ed in assoluta armonia con le caratteristiche di ciascuno dei suoi giocatori.  Questa è una delle ragioni per le quali il Derby prima, ed il Nottingham poi hanno raggiunto obiettivi insperati e per certi versi vietati nell’immaginario di tifosi abituati ad altre imprese. Clough con quelle squadre storicamente lontane dal grande giro, ad inventare, letteralmente da zero, due serie vincenti.

Una più incredibile dell’altra e vi riuscì, in entrambi i casi, basandosi su calciatori da lui scoperti e lanciati o recuperati quando sembravano destinati a malinconici finali di carriera, e sempre partendo dalle posizioni di retroguardia della Seconda Divisione. Così come per il Nottingham con cui conquistò in due stagioni l’allora Coppa dei Campioni. Diremmo scostante intrattabile, permaloso, istrionico ed arrogante. Allenatore e manager nell’accezione più inglese del termine. Al di là delle chiacchiere servirebbero solo i risultati sul campo per inquadrare il personaggio ed il goal di Francis che regalò la prima Coppa Campioni al Nottingham.

Il merito di Clough è in buona sostanza legato alla capacità di proporre un semplice 4-3-3, corretto grazie alla duttilità di alcuni elementi ed alle scelte innovative che Clough riproponeva sin dai tempi di Derby. Davanti a Shilton i due centrali, Burns e Llloyd, formano un bastione insuperabile, sulle fascia destra c’è il fuoriclasse Anderson, a sinistra l’esperto Clark che, nonostante le trentacinque primavere, funge da propulsore offensivo. A centrocampo Bowyer, che si sgancia spesso per concludere, Mc Govern e Gemmill (oppure O’Neill) sono spesso affiancati da Woodcock, che pendola su tutto il fronte offensivo, garantendo supporto al filtro ed al pressing. Davanti Birtles e Francis si scambiano spesso di posizione per sfruttare gli sfondamenti di John Robertson che agisce da ala classica, mantenendo costantemente largo il fronte di attacco del Forest. Clough è stato grande anche perché nei momenti importanti ha avuto al suo fianco Peter Taylor, un assistente vitale e geniale, amico e fedele scudiero con cui il legame si strappò improvvisamente. Così la morte di Peter,  avvenuta senza che tra i due ci fosse una sola parola segna il declino dell’uomo e dell’allenatore a cui contribuirono altri avvenimenti come la tragedia di Hillsborough, le polemiche e le denunce che erano seguite alla vicenda, e le critiche che aveva ricevuto per aver sottolineato le  responsabilità dei tifosi del Liverpool, ed il dolore per la morte dei novantasei giovani tifosi lo avevano devastato. Morì di tumore nel 2004. Istrionico e volutamente polemico sino all’eccesso è stato il precursore del tecnico moderno che si relaziona più con il pubblico e ricama un rapporto di insofferenza con i giornalisti sin dalla diatriba con l’ex tecnico del Leeds Don Revie e selezionatore della nazionale. Come altre mille polemiche e così lo ricorderemmo riprendendo una sua frase a chiudere “ „Non direi di essere il miglior allenatore al mondo, ma sono sicuramente nella top one.“

*filmografia: "il maledetto United". Il film realizzato nel 2009 diretto da Tom Hooper ed interpretato da Michael Sheen nei panni di Clough. Film tratto dall'omonimo romanzo scritto da critto da David Peace uscito nel 2004

 

di Piero Giuseppe Goletto

Se esiste un supermotore nella F1, questo è il Double Four Valves Ford Cosworth, che venne impiegato nella massima serie dal 1967 fino al 1983 dove vinse 14 GP, 12 campionati piloti e 10 campionati costruttori e nel mondiale Sport Prototipi per oltre 20 anni.

L’idea di rivolgersi alla Ford per costruire un motore fu di Colin Chapman che necessitava di un motore nuovo per la stagione 1966, non potendo più disporre del motore BRM. Il nuovo motore disegnato dagli ingegneri Mike Costin e Keith Duckworth viene progettato a partire dal motore F2 Ford FVA, il cui disegno contemplava una nuova testata e un nuovo pistone. Il progetto dell’FVA era abbastanza convenzionale e contemplava 4 cilindri in linea con cilindrata 1.600 cc, alesaggio 85 mm, corsa 65 mm, rapporto di compressione 11:1, 4 valvole per cilindro.

Il fatto che il DFA erogasse 200 CV spinse Keith Duckworth a progettare il motore di Formula 1 già dall’inizio come un motore a 8 cilindri, ritenendo che questo frazionamento offrisse una maggiore efficienza meccanica rispetto ai V12 Ferrari e V16 che nello stesso periodo si stavano costruendo.Il nuovo motore erogava oltre 400 cavalli di potenza a 9000 giri minuto con una coppia di 35 kgm a 6500 giri.Arriverà a erogare 550 cavalli.

I suoi esordi non furono facili. All’inizio infatti gli ingranaggi in acciaio della distribuzione risentivano delle vibrazioni dell’albero motore, sicché questi ingranaggi vennero sostituiti con altri in teflon.

Una importante particolarità è che il progetto del Ford Cosworth DFV ha tra gli obiettivi non solo la “potenza pura” ma il peso e gli ingombri; il motore è visto veramente per la prima volta come elemento portante integrato nel telaio. Infatti, il motore viene collocato in posizione centrale. Il motore è reso compatto trasferendo all’esterno del blocco le pompe dell’olio e le pompe del’acqua. Il DFV pesa solo 160 kg.

Veniva fissato alla paratia dietro il posto di guida e sostituiva la parte posteriore del telaio; le sospensioni erano fissate direttamente al blocco motore – cambio.

In più di un senso l’ingresso del Cosworth DFV nella Formula 1 permette a molti visionari di competere ai più alti livelli della F1. Il DFV era relativamente poco costoso, era facile da reperire e gestire, e montato su una vettura ben progettata anche di lottare per il titolo. Questo diventa la fortuna per assemblatori come Lotus, Tyrrell, March, Brabham, Williams, McLaren e altre. 

Jackie Stewart ebbe a dichiarare: “Non avete mica l’idea di che rivelazione che fu questo motore” (Stewart ha vinto 3 titoli mondiali della F1 con questa motorizzazione) “sembrava una cosa venuta da un altro pianeta; e, anche una spina nel fianco di Enzo Ferrari”

L’ultima vittoria di un motore otto cilindri Cosworth avviene al GP degli Stati Uniti del 1983. Sul primo gradino del podio sale un giovanissimo Michele Alboreto su Tyrrell Ford Cosworth; sarà l’ultima vittoria di un motore aspirato nell’era dei turbo. Anni dopo con l’evoluzione Ford Zetec di 3,5 litri il motore conquisterà il titolo piloti 1994 con Michael Schumacher e il titolo costruttori con la Benetton.

Il motore Cosworth venne sviluppato anche per le gare di durata, vincendo due 24 Ore di Le Mans con il motore DFL derivato da quello usato in F1. La Mirage Ford dfi Ickx-Bell vince nel 1975; nel 1991 la Jaguar XJR14 progettata da Ross Brawn vince il campionato.

Il motore Cosworth vince 151 volte in Formula Cart in una versione sovralimentata capace di 850 CV.