F1: un tetto agli stipendi dei piloti?

di Piero Goletto

Introdotto il budget cap, a partire da questa stagione, era solo questione di tempo prima che si iniziasse a discutere di limitare il tetto massimo degli stipendi ai piloti.

 La F1 seguirebbe la strada di altre discipline quali il basket NBA che hanno fissato già da tempo tali soglie, peraltro attraverso un sistema di calcolo non semplice. In questo tema entrano infatti in gioco aspetti contrattuali e normativi alquanto articolati.

 Il criterio guida nella f1 sarebbe fissare una soglia pari a 30 milioni di dollari complessivi per gli stipendi dei due piloti titolari più le riserve. Da questa cifra sarebbero esclusi i bonus e quindi, i premi derivanti dalle vittorie o da piazzamenti a podio.

Un pilota che portasse in dote al team delle sponsorizzazioni ed il cui stipendio fosse pagato al team attraverso una quota di esse, da quanto capiamo, sarebbe esentato da queste limitazioni perché il team non ha esborsi (anzi, a determinate condizioni, potrebbe ottenere introiti).

Se uno sponsor copre direttamente l’esborso per lo stipendio di un pilota il costo che effettivamente sostiene il team è nullo. La differenza con il caso del pilota che porta sponsorizzazioni al team è sottile e dimostra la complessità del tema.

 

Taluni team potrebbero essere indotti a gestire in proprio l’immagine dei piloti e pertanto verrebbero inserite nei team figure professionali come è stato Willi Weber, il manager di Schumacher padre.

Inoltre, da ciò che sin qui è emerso l’importo degli stipendi “non utilizzato” non potrebbe essere “ribaltato” su altre voci del budget del team.

 La ragione sottostante a questi provvedimenti è sempre la stessa: le conseguenze economiche della pandemia da COVID  19 – che sono state pesanti nel 2020 – si sentirano ancora per anni e un recupero economico richiede un insieme di misure di contenimento dei costi.

Inoltre, esiste un problema specifico della F1 e in generale del motorsport: I team di F1 non possiedono direttamente i circuiti e in assenza di pubblico (come è avvenuto nel 2020 e avviene tuttora) si perdono i ricavi di competenza dell’organizzazione F1 derivanti dai biglietti, dai gadget, dalle memorabilia e anche le percentuali sul venduto al bar.  Tutti ricavi che per una quota importante sono ripartiti tra I team e che per ora non ci sono; Liberty Media, che organizza il mondiale di F1, ha chiuso in perdita l’anno 2020.

 

Le principali leghe sportive americane applicano una soglia massima ai salari ed è pertanto interessante provare a vedere cosa succede presso di loro. Nel caso dell’NBA, esiste una sorta di contratto collettivo (Collective Bargaining Agreement) che fissa un minimo e un massimo salariale in base ai quali viene definito l’ammontare della retribuzione. Date le caratteristiche di tale sport il totale che ciascuna squadra può spendere è fissato  intorno alla metà dei ricavi complessivi derivanti dal basket e fissato tale importo, in ogni caso il 90% di esso va erogato ai giocatori. Inoltre, esiste un sistema di clausole di esenzione e una vera e propria “tassa” da pagare (si chiama Luxury Tax) se si superano le soglie prefissate.